Testo  di
Massimo Vaccaro
Individuare il relitto è piuttosto semplice in quanto sulle rocce sono ancora visibili tracce di ruggine lasciate dal colpo fatale inferto dalla prua. Basta immergersi lì e scendere di una decina di metri per intravedere la prua, dove, sotto le lamiere, si nascondono decine di corvine. Da qui proseguiamo lungo quello che doveva essere il ponte su cui sono ben visibili gli argani e poche altre strutture (la nave era già stata spogliata di tutto prima di essere avviata alla demolizione). Proseguiamo fino a quota -43, dove termina il troncone prodiero, sul fondale sabbioso, da qualche parte nel blu, ci sono le caldaie, ma la loro localizzazione è molto difficoltosa. Il percorso a ritroso lo facciamo all'interno, attraverso quello che dovevano essere le stive ormai spoglie. Lungo il tragitto incontriamo le solite corvine e sulle pareti esterne si possono ammirare dei bei rami di gorgonia, tipici di questo tratto di mare. Risaliamo fino a raggiungere l'ancora calata sul fondo quasi ad indicare che l'equipaggio fantasma che governava la nave quella domenica d'inverno del 1967 abbia scelto questo tratto di mare come porto in cui ormeggiare per sempre.






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