Testo  di
Massimo Spadotto
Iniziamo la vestizione al porto, il punto di immersione è proprio vicino, ancoriamo e la guida ci avverte che probabilmente ci sarà corrente. Io e la mia compagna scendiamo per primi accompagnati dal “Grillo”, in discesa si stacca il mirino della mia Nikonos, e mi getto a capofitto per ritrovarlo nel pianoro.

La visibilità è eccellente, dai 25 metri del pianoro riesco a vedere la chiglia della barca e i miei compagni di immersione. Segno di OK e procediamo verso una formazione rocciosa composta da due specie di torrioni che ci indicano il punto dove ai piedi della parete troveremo l'obbiettivo della nostra immersione.
Mi allontano dalla parete per godere della visione d'insieme dell'aereo e grazie all'incredibile visibilità ne scorgo presto i rottami.

L'aereo giace addossato alla parete, in una posizione che mostra evidentemente il fatto di esser stato agganciato da una rete e trascinato li a forza. Il tronco centrale con la fusoliera giace con i due abitacoli rivolti a est, e la parte del motore che punta verso il fondale Ë accartocciato all'interno delle reti assieme alle ali.

Inizio a scattare foto, poi arrivati sul relitto a circa 40mt la mia Compagna si mette in posa e iniziamo a scattare le foto obbiettivo della nostra immersione.
Il tempo a nostra disposizione è breve, la profondità è impegnativa e per non saturarci troppo ed evitare lunghe decompressioni operiamo molto rapidamente secondo pianificazione. Nel breve tempo riesco ad individuare nell'abitacolo alcune leve di pilotaggio, scorgo un cannoncino all'interno del groviglio di rete contenente le ali e il gancio della catapulta che serviva per essere lanciato dalle Navi. Troviamo anche un messaggio lasciato dai subacquei di un club di Ravenna...






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