Il KT 12
di
Roberto Chessa
I nostri mari pregni di tesori naturali, sono stati negli anni silenziosi testimoni di immense tragedie umane. Le acque costiere della Sardegna nord-orientale, passaggio obbligato per le terre Africane, custodiscono gelosamente antichi convogli romani e bellicose navi e aerei degli eserciti impegnati nei due grandi conflitti mondiali.
Le storie di questi ultimi, sicuramente perché più vicine a noi e ai nostri ricordi, sono quelle che certamente più ci affascinano e la possibilità di poterci tuffare li dove il tempo si è fermato è sempre una esperienza ghiotta.
Il Golfo di Orosei a causa della morfologia delle sue coste, è stato inconsapevole teatro di due di questi avvenimenti, spietate operazioni belliche portate a segno dalla stessa unità.
Si trattava del "Safari" un sottomarino della Regia Marina Britannica, agli ordini dall'infallibile comandante Bryan, vera bestia nera delle acque Sarde e responsabile dell'affondamento di quelli che oggi sono alcuni fra i più bei relitti del mediterraneo.
La scia delle sue vittime parte dalle acque antistanti al Golfo di Cagliari dove un intero convoglio sotto scorta cadde colpito dai siluri del "Safari" e finisce più a nord proprio di fronte alla grande spiaggia del paese di Orosei. Le insenature naturali scavate dal mare nelle falesie della costa di Cala Gonone, sono state complici basilari per la riuscita di queste operazioni.
Le famosa grotta del Bue marino, nelle sue viscere, ha celato agli occhi e ai radar dei nemici il sommergibile del comandante Bryan che come un felino ha atteso immobile il momento migliore per l'agguato. La prima vittima, un cargo italiano di poca importanza sia storica che militare, fu bloccato e fatto abbandonare dall'equipaggio, per essere successivamente silurato e affondato davanti alla stupenda spiaggia di Cala Luna. Il suo relitto giace oggi, ridotto ad un inerme ammasso di lamiere, adagiato sul fianco di dritta in un fondale roccioso ad una profondità di 32 mt. Tra le sue forme ormai alterate dal tempo, spicca solamente la prua dalla quale pende un'ancora eternamente issata e le lamiere letteralmente implose conservano ancora distinguibili l'ingresso alla sala macchine con i vecchi motori a vapore e parte del castello di comando, depredato negli anni da ogni suo strumento di navigazione. La cruenza dell'affondamento è facilmente intuibile, testimoniata dagli squarci causati dal siluramento rimasti integri e in vista, quasi a voler essere un monito contro la violenza di tali episodi.
Ma il fatto più devastante per la storia di queste coste, doveva ancora accadere. A pochi giorni di distanza dall'affondamento della nostra unità, una nave da carico della marina Tedesca (allora ancora nostra alleata), percorreva lo stesso tratto di mare, inconsapevole che il sottomarino inglese, braccato ormai in maniera spasmodica, potesse essere ancora nei dintorni. Si trattava dell'unità militare da trasporto costiero nominata Kt 12. La sigla Kt era l'abbreviazione di Kriegstransport e il numero di seguito indicava la nave, della quale ne furono varate presso i vari cantieri dei paesi occupati, 54 esemplari. Queste vennero costruite tra il 1941 ed il '44 ed erano caratterizzate da uno scafo col profilo piuttosto allungato, le linee semplici e la prua inclinata con il tagliamare aguzzo tipico delle rompighiaccio.
Lunghe circa 80 metri e larghe 11, erano dotate di tre caldaie a carbone con due motrici alternative; raggiungevano la velocità di 10 nodi. L'armamento poteva variare da modello a modello. In genere, a poppa erano dotate di un cannone da 75 millimetri e di due mitragliatrici a doppia canna da 20. A prua era sistemato un cannone calibro 37. L'equipaggio era costituito da una quarantina di militari.
Il Kt12 partì da Livorno la mattina del 5 giugno 1943 alla volta delle coste del Nord Africa, dove avrebbe dovuto scaricare i rifornimenti per gli uomini impegnati in battaglia. Nella tabella di marcia era prevista una tappa a Cagliari, ma alle ore 14 del 10 giugno ad appena due miglia da Orosei fu colpito a prua e nel giro di tre quarti d'ora affondò.
Il carico di benzina e munizioni destinate al Terzo Reich fu letale per la nave e parte dei suoi uomini. Chi non morì per la devastante deflagrazione perì nel vano tentativo di salvarsi, tuffandosi nell'inferno del mare pregno di combustibile infiammato.
I racconti dei testimoni, sono ancora carichi di emozione e soprattutto di rabbia. L'ultimo sconcertante episodio di questa tragedia fu messo in atto da un ufficiale tedesco che praticò delle iniezioni letali ai militari feriti e agonizzanti portati a riva dai mezzi anfibi. Morirono davanti agli occhi esterrefatti dei pescatori e degli abitanti del luogo richiamati sulla spiaggia dal fragore del boato che conservarono negli anni avvenire l'amarezza di una tale crudeltà eseguita con diabolica freddezza.
Il relitto incandescente della nave, si spacco in due all'altezza della tre quarti di prua ed in un batter d'occhio venne ingoiato dai flutti, sparendo nelle fiamme e seminando nel fondale sottostante quello che rimaneva del suo prezioso carico.
Il mare conserva oggi quello che gli uomini hanno distrutto, nel perenne ricordo della violenza e della guerra contro i nostri simili.






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