Storia
di
Piero Mescalchin
Il cacciatorpediniere Quintino Sella durante la seconda guerra mondiale venne impiegato come nave veloce, con compiti di esplorazione e scorta a unità maggiori. Dopo aver compiuto gloriosamente 116 missioni di guerra, un tragico destino lo fece affondare a 12 miglia dalla costa colpito da una motosilurante tedesca l'11 Settembre 1943. Il Quintino Sella, dotato di macchine a turbine era un gioiello dell'ingegneria navale italiana, riuscendo a raggiungere l'incredibile velocità di 35 nodi. Alla notizia dell'armistizio l'equipaggio del Quintino Sella e i militari che in quei giorni si trovavano a Venezia, decidono di fuggire per raggiungere il comando alleato a Brindisi. La nave parte con una delle macchina in avaria. Verso le 17, a 12 miglia dalla costa veneziana, il Capitano di Corvetta Corrado Cini avvista una nave. E' un mercantile. Giunto a 300 metri riesce a leggere il nome: PONTINIA. Contemporaneamente però appare la motosilurante tedesca che si era tenuta nascosta dietro la sagoma del mercantile. Partono due siluri. Il primo colpisce il caccia sotto il ponte di comando; il secondo, la sala macchine sotto il fumaiolo. L'esplosione squarcia la nave in due tronconi. La prua si inabissa quasi subito, con il tagliamare rivolto al cielo. L'ancora giace sotto lo scafo. Il mare è ricoperto di rottami, nafta e corpi senza vita. Il resto della nave prosegue la sua corsa ancora per un centinaio di metri e affonda subito dopo.
Il PONTINIA rallenta la sua andatura per raccogliere i naufraghi ma dalla motosilurante arriva l'ordine di proseguire. A sua volta, il comandante tedesco raccoglie a bordo solo alcuni ufficiali e fa rotta per Venezia. Alla fine i superstiti saranno solamente 93 mentre il numero dei morti non si saprà mai.
Il castello di prua era destinato agli alloggi per i 120 uomini dell'equipaggio mentre gli ufficiali ed il comandante avevano cabine dislocate in altra parte dello scafo. Subito dopo l'esplosione, la, poppa, senza più governo procedette il suo moto d'abbrivio per altri 150 metri, si inclinò lentamente e scivolò sul fondo, a 25 metri di profondità in un ribollire di schiuma con l'elica in aria che girava ancora.
Nel 1975 la Marina Militare decise di far brillare la nave al fine di scongiurare possibili incidenti. Nel Museo Storico Navale di Venezia oltre al nome e alla bandiera si può vedere il timone della nave dono di un subacqueo che operò il recupero.






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