Con la nostra passione per il mare e per i relitti ci capita spesso di documentarci leggendo libri di storia per risalire agli eventi che hanno determinato l'affondamento di una nave, per capire cosa hanno vissuto gli equipaggi di quella nave. Queste letture creano sempre una profnda emozione, perchè sono storie di uomini che hanno dato la loro vita ad una patria in cui credevano, che affrontavano ogni giorno la morte senza timore alcuni, anzi, erano quasi orgogliosi di sfidarla. Vi possiamo assicurare che quello che si prova leggendo un libro non è nulla in confronto all'incontro con uno di questi personaggi. Oggi ne abbiamo conosciuto uno, un simpatico vecchietto che ci ha indicato un nostro amico, indicandocelo come un appassionato di mare e possessore di certi pezzi di antiquariato nautico che ci interessava esporre nella nostra mostra del 25 marzo 2001. Siamo entrati nel suo ufficio e subito l'attenzione è caduta su un coltello da palombaro, poi girando lo sguardo abbiamo notato che la stanza era addobbata con decine di vecchie fotografie in bianco e nero e in mezzo a tutte ne spiccava una, quella del tenente di vascello Luigi Durand de la Penne con tanto di autografo...lascio ora a voi immaginare a chi è appartenuto qule coltello da palombaro. Dopo questo primo impatto ci siamo presentati e lui ha cominciato a raccontare. Venne imbarcato sul Regio C.T. Corazziere come tecnico elettricista e partecipò alle battaglie di Punta Stilo, Capo Matapan ed al disastro del Porto di Taranto. Queste cose le avevo semplicemente lette, ma risentirle da una persona che le ha vissute è stato emozionante sia per me che per Luca e Francesco. Ci ha letto alcuni passi del suo diario, scritti dalla mano di un allora ventenne, ma con una passione ed una attenzione ai particolari degna di uno scrittore affermato. Mentre leggeva sembrava rivivere le emozioni di quei tempi ed erano evidenti i segni della sua commozione. La cosa che più ci ha colpito nei suoi racconti era il senso di devozione di quei militari verso la patria, il Re e il Duce, per cui avrebbero dato la vita. Raccontava che durante le loro missioni loro erano felici perchè si sentivano vivi e andavano in battaglia cantando le canzoni delle loro tradizioni. I periodi di ferma nei porti erano solo una sofferenza perchè, diceva, la vita non andava avanti.... Siamo stati ad ascoltarlo per quattro ore con lo sguardo attonito, stupiti dall'energia e dalla grinta di quest'uomo ottantenne che raccontava degli episodi avvenuti sessanta anni fa con una lucidità ed una ricchezza di particolari tale da sembrare essere avvenuti solo ieri. E' la stessa sensazione che provo a sentire i racconti di guerra di mio nonno e così pure è per Francesco e Luca. Abbiamo avuto di fronte un pezzo di storia, uno di quegli uomini che hanno vissuto i drammatici momenti della guerra, dal suo nascere fino alla situazione di caos dell'8 settembre 1943 in cui vennero letteralmente abbandonati dalla patria in cui credevano, solo il Capitano Junio Valerio Borghese e la sua X flottiglia MAS rimasero fedeli ai vecchi ideali e divennero un punto di riferimento per migliaia di militari e su questo pezzo di storia le polemiche si sprecano. Alla mia domanda: "Cosa ne pensa della scelta di Borghese?" mi ha risposto semplicemente: "Era un grande comandante" senza esprimere nessun giudizio politico o morale. Impariamo dunque da queste persone ad avere rispetto per la storia, senza abbandonarci a futili giudizi o polemiche su quello che è stato o che sarebbe dovuto essere, cerchiamo solo di ricordare la storia attraverso queste memorie che stanno ormai scomparendo.