Il Lillois, un fantasma al largo di Scalea
di
Giovanni Rossi Filangieri
Sono le 8,30 e fa già un caldo insopportabile, giù all'isola di Dino. Ho scaricato la mia attrezzatura sul limitare della spiaggia di fronte ad una sorta di torretta. Oltre non si può andare con l'auto e osservo sconsolato la lunga passerella di legno che mi separa dal grande gazebo del Dinosub d.c. Walter,che mi aveva avvisato della organizzazione, non è lì, ed il gruppo è già avanti nella vestizione che avviene nel gazebo; nonostante si esca con uno spendido gommone non sarebbe possibile prepararsi a bordo. Così mi tocca fare le capriole per non farmi aspettare. Prendo l'ultima bombola rimasta, un 15 litri (meglio, la mia schiena odia i 18 lt.), preparo il gruppo e lo porto in barca; poi indosso la muta in acqua e questo mi ridà vigore. Il tempo di salire a bordo e si fa rotta per un punto pedagnato al largo di Scalea. Siamo in due gommoni per un totale di una decina di sub. Il mare è calmissimo, il cielo sereno e le miglia che ci separano dalla meta sono di piacevole,tranquilla navigazione. Ci vorrà solo un attimo per trovare il
pedagno individuato sapientemente dal Loran; una boa ed una cima fissata ad
una bombola del gas di colore blu, poi un altra cima di circa 40 mt. al termine della quale la coffa del piroscafo francese: il Lillois. Di inizio del secolo scorso,
il Lillois è una nave di considerevoli dimensioni, circa 107 metri; sequestrata dalla marina italiana fu affondata da un siluro inglese due miglia al largo di Scalea il 28 marzo 1943. "Il sommergibile di sua maestà britannica Torbay non sa che regalo ci ha fatto" penso con una certa dose di cinismo; l'entusiasmo di un
esplorazione ad un relitto non ci deve mai fare dimenticare la tragedia che ha coinvolto l'equipaggio. Drammi, famiglie spezzate,episodi di eroismo e coraggio giacciono nel silenzio delle stive buie e fangose di ogni relitto e forse una dose di rispetto è dovuta ogni volta che si scende su di una nave perduta. I miei pensieri sono interrotti dalla voce di Giorgio che ci da alcune informazioni: "allora....qui sotto c'è la nave in assetto di navigazione, parzialmente sprofondata nel fango su un fondale di circa settanta metri. Vi consiglio di visitare la parte prodiera,sicuramente più interessante e completamente integra.Le ancore sono al loro posto e vicino la prua di solito si incrocia una cernia grossa come un armadio. Per andare verso la parte prodiera basta
ricordare che l'albero con la coffa pende leggermente sul lato di sinistra. Le stive di prua sono pericolose, il fango ricopre tutto ed è altamente sconsigliabile
entrare. A centro nave, nei pressi dell'albero, invece potete scorgere, causa
il collasso delle sovrastrutture, le cabine dell'equipaggio scendendo un pò nelle stive. Fate attenzione alla profondità ed a tutto il resto. La cima è ancorata alla
coffa, a circa 38 metri di profondità; di li, seguendo l'albero, si scende sul ponte a circa 54/55 metri per poi seguire la fiancata sinistra della nave verso prua e l'immersione termina al dodicesimo minuto alla base dell'albero. Ci solo 12 minuti, quindi sfruttatiamoli bene. Il profilo della maggior parte dei vostri computer darà 12/15 minuti di deco ma ne faremo 25 per aumentare la sicurezza". Apprezzo molto questa ultima considerazione e capisco che è necessario per la sicurezza
sua e di Gianluca che scendono più volte la giorno; così accetto di buon
grado l'idea che la deco durerà il doppio dell'immersione. Ad un tratto un banco di acciughe fugge saltando sull'acqua vicino ai gommoni; è probabile che sfuggissero all'attacco di tonnetti o ricciole.L'entusiamo, che già era alto, ora è alle stelle. Così mando in acqua il gruppo assicurato alla mia cimetta e mi rovescio in acqua. C'è una corrente superficiale molto fastidiosa.....del resto siamo in mezzo al mare. Libero il gruppo da moschettone e lo indosso rapidamente ultimando le regolazioni con le pinne incrociate sulla cima che unisce i due gommoni per non scivolare via.Raggiungo Gianluca sulla cima di prua; il nostro gruppo, più ristretto, scenderà per primo. Poi il gruppo di Giorgio. Un cenno di ok, poi "erogatori in bocca" e giù mantenendoci con le dita ad anello sulla cima che sprofonda nell'acqua cobalto. A circa 25/27 metri scorgo la coffa, piegata su di un lato, come sapevo. Un primo randevouz, un secondo ok a gruppo riunito e si scende ancora in basso. La corrente è scomparsa , l'acqua è cristallina. La nave è davvero impressionante, sembra che navighi ancora. Scorgo un fumaiolo...dentro nulla, poi gli argani; sul fondo decine di ricci matita e melone. Una aragosta fa capolino da una fenditura. Mi sento molto a mio agio, forse è anche un pò la profondità; così provo a calarmi in un enorme stiva. E' buio pesto, non si vede nulla,lamiere contorte e fango lungo le paratie. Ora non sono più così a mio agio,così esco.Il tempo scorre rapidissimo e così al termine del dodicesimo minuto, come concordato siamo tutti alla base dell'albero. Iniziamo l'ascesa, la corrente ora si fa sentire anche più in profondità. Prima che la nave scompaia alla nostra vista mi volgo istintivamente un ultima volta ad osservarla. La deco è piacevole; l'acqua calda e la compagnia me la fanno sembrare meno lunga di altre volte. Con la lavagnetta scambio le prime impressioni con gli altri, anche per ingannare il tempo. In basso, c'è il secondo gruppo in fase di deco. Terminata l'ultima, lunga sosta sono il primo a salire sul gommone grande; gli altri sono ancora tutti sotto. Così sistemo con comodo il gruppo nella rastelliera, l'illuminatore nella sua custodia, svesto la muta e mi tuffo. Il ritorno è piacevole come l'andata, con mare calmissimo ed una leggera brezza termica. Sono di nuovo sulla spiaggia giù a Dino dopo circa 3 ore; vedo Anna che mi aspetta, preoccupata come sempre e sollevo le braccia per farmi scorgere mentre il gommone affonda dolcemente nella chiara sabbia di Calabria.






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