Testo  di
Marco Mazzotta
Il Carmelo Noli è uno di quei relitti contro i quali maggiormente si è accanita la furia distruttiva dei palombari nell’immediato dopoguerra per recuperare il più possibile metalli allo scopo di riciclarli tanto che è impossibile valutare quanto grande fu il danno arrecato dall’impatto con la mina che ne pregiudicò il galleggiamento. Il relitto versa, quindi in pessime condizioni per cui è realmente problematico consigliare il punto d’inizio dell’esplorazione. Le parti un poco meglio conservate sono la prua, le fiancate e parte del motore. La prua è adagiata su di un fianco ed è possibile vedere ancora le due ancore con la catena, misteriosamente scampate al lavoro certosino dei palombari. Le fiancate sono predisposte circa parallele tra loro in un ammasso notevole di lastre di acciaio ed infine parte del motore giace in mezzo alla sabbia parzialmente avvolto da reti. Il relitto è tutto qui. Per gli amanti della biologia si può dire che se si eccettuano un paio di spirografi, qualche stella marina e gli onnipresenti “anthias” non è che nemmeno quella abbondi.






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