Testo  di
Massimo Vaccaro
Prima di ogni immersione ognuno ha il proprio rituale, i movimenti sono lenti, l’attrezzatura viene montata nelle configurazioni più svariate, si pianifica mentalmente il viaggio e l’impazienza di scoprire qualcosa di nuovo si impadronisce delle nostre menti. Poi il salto nell’acqua, il rendez vous alla cima dell’ancora, il segnale di ok. Il gav si sgonfia e precipitiamo nel blu. 35 metri d’acqua ci separano dal nostro obiettivo, il blu delle acque croate ci circonda sopra e sotto di noi, sembra di cadere nel vuoto quando intravediamo la sagoma del ponte superiore del Baron Gautsch. E’ stato come realizzare un sogno, da molto tempo volevamo essere qui, ed ora ci siamo. La visibilità è discreta, circa 7 metri, ma nonostante questo riusciamo ugualmente a renderci conto della maestosità di questo traghetto austriaco affondato nel lontano 1914.
Dai 25 mt. intravediamo la sagoma del ponte superiore, i fumaioli non ci sono più, al loro posto degli enormi fori che sprofondano nelle viscere della nave. Ci guardiamo intorno entusiasti, quasi non sappiamo da che parte iniziare l’esplorazione, alla fine decidiamo di dirigerci verso prua.
E’ maestosa, in perfetto stile liberty, ci soffermiamo sulla sua sommità per ammirare l’orizzonte sommerso davanti a noi, poi ci tuffiamo nel blu e ci spostiamo di fronte ad essa per una visione d’insieme. Ma la curiosità è tanta, il tempo a disposizione breve, decidiamo quindi di penetrare all’interno della grande sala da pranzo della prima classe.
Torniamo indietro nel tempo con la mente e vediamo questo elegante salone addobbato con velluti e broccati, le colonne ricoperte di stucchi ed adornate da capitelli ionici. Ci spostiamo nei corridoi e li immaginiamo arredati con lampadari e applicazioni in stile floreale tipico di quegli anni. Ma la realtà è diversa, oggi sono le numerose forme di vita concrezionate sulle strutture ad addobbare i locali e i passeggeri sono costituiti da una miriade di celenterati, ascidie e scorfani.
Ci perdiamo nei corridoi, li attraversiamo nuotando lentamente, ammirando le strutture e cercando di immaginarle come erano un tempo.
Scendiamo nella sala macchine e possiamo ammirare le caldaie che costituivano il cuore di questa nave, sembra ancora di sentire il rumore dei motori che muovevano i tre assi collegati alle eliche in bronzo, recuperate nel 1920. Particolarmente interessante è il timone, rivolto in una posizione veramente insolita che lascia pensare che la nave sia affondata di poppa.
Sicuramente due immersioni non bastano per conoscere una simile nave, ma certo ci hanno reso l’idea della sua maestosità ed eleganza e ,quando sulla barca ci sganciamo dal pedagno e ci allontaniamo, guardiamo quel tratto di mare e come in un film in bianco e nero rivediamo il suo fantasma immortale navigare tranquillo.






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