Testo  di
Massimo Vaccaro
Il vantaggio della crociera subacquea rispetto al diving è sicuramente il fatto di riuscire ad essere sul luogo di immersione già alle prime luci dell'alba. L'ancora del nostro gommone è sul relitto già alle 8.00 di mattina e questo ci permetterà di sfruttare appieno il fascio di luce trasversale per fotografare le strutture della nave. La sensazione che abbiamo appena la maschera è sotto il pelo dell'acqua è di maestosità, forse perchè le sovrastrutture iniziano già dai 4 mt. per scendere poi fino al fondo di 27 e la loro visione ci accompagna per tutta la discesa. La visibilità è ottima, il gruppo affiatato, io e il mio compagno ci dirigiamo verso il ponte di comando per esplorarne le forme. La Giannis D. è una nave mercantile di nazionalità greca, affondata per aver urtato l'estremità orientale della scogliera di Abu Nuhas mentre trasportava il suo carico da Fiume a Hodeida. Scendiamo lungo la murata di destra per dirigerci verso la poppa dove troviamo l'elica veramente malridotta, forse a causa dell'impatto con il reef mentre era ancora in movimento. Mi spunta un sorriso vedendola, sembra quasi un fiore (eppure a 25 mt. la narcosi non dovrebbe mostrare i suoi effetti).
La visione della zona poppiera è davvero spettrale, nonostante la vicinanza al reef pieno di vita. Una fitta ragnatela di reti e cime avvolge le imponenti strutture della nave. La sagoma degli argani, ancora integri, quasi fossero pronti a sprigionare la loro forza, fa pensare ad una nave ancora funzionante, ma basta volgere lo sguardo in ogni direzione per ritornare alla cruda realtà.
Entriamo ora nella sala macchine, dove si possono vedere le enormi caldaie ed un intricato labirinto di scale e camminatoi che portano all'anima della nave, il motore. In questo locale i particolari da fotografare si sprecano ma quello che colpisce di più è sicuramente l’albero a camme che sorvoliamo in tutta la sua lunghezza sino a giungere ad un tavolo da lavoro dove ancora spiccano chiavi bulloni, pinze e tutto ciò che serviva a mantenere in efficienza le macchine.
Attraversata tutta la stiva e risaliamo verso la plancia di comando dove possiamo immortalare i suggestivi giochi di luce creati dal sole attraverso gli oblò. Da qui ritorniamo all'esterno e, dalle passatoie percorse chissà quante volte dall'equipaggio ci dirigiamo verso la parte prodiera, staccatasi dal resto delle nave a causa di una forte burrasca. Vorremmo continuare ma il tempo per noi, a differenza del Giannis D., non si ferma e dobbiamo ritornare alla nostra ancora per risalire e rivedere quel tratto di mare che questa nave ha visto per l'ultima volta il 19 aprile 1983.






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