Testo  di
Bruno Spadi
Spesso ci fermiamo a guardare il mare, le sue onde col loro movimento infinito, che solo la terra può fermare. Meno spesso il pensiero corre sotto il mare, a quello che esso cela alla vista dei più. Come uno scrigno, il cui coperchio chiuso possono aprire in pochi. I sub hanno questa fortuna, vedere quello che altri non hanno mai visto. I relitti sono uno di questi tesori, chi si avvicina a loro ne viene attratto a tal punto, da non poter più pensare di immergersi nel mare senza poterne visitare ancora uno. La prima volta che scesi su uno di essi, era una vecchia barca in legno le cui ossa giacevano su un fondale fangoso e spettrale, eppure quella rovina di legni divenne il mio primo amore. La Liguria cela molti relitti, specialmente quelli di guerra, affondati a causa delle mine, dei sommergibili o di attacchi aerei.

Questi pezzi di storia silenziosi, spesso racchiudono storie di un mondo passato che si può ancora toccare lungo le loro pareti incastonate di vita marina. La storia di molti di questi relitti è ben nota, mentre per altri ancora non si conosce quasi nulla, né per quale motivo si trovino in fondo al mare. Uno di questi era l' "Atlantide" chiamata cosi da tutti. Essa giace a circa -60 ¸ -75 metri sotto il livello del mare e si trova ad un miglio circa dalle spiagge dell'abitato di Riva Ligure in provincia di Imperia.

Quando scendi su un relitto di cui non sai né nome né storia o addirittura non sai nemmeno che tipo di nave sia, la curiosità cresce ad ogni nuova immersione fino ad esplodere in una estenuante ricerca su libri, archivi e musei nella speranza di trovare una traccia che possa far risalire alla storia di quel relitto.

L' "Atlantide" era un rebus risolto in parte, vari nomi le erano stati attribuiti ma quale di essi fosse realmente il suo ancora non si poteva dimostrare finché, grazie alla collaborazione dei sub-tek del gruppo "Quadrante Ovest" di Arma di Taggia, attraverso la lettura di diversi testi prese il via la ricerca vera e propria iniziata contattando il Norsk Sjofartsmuseum di Oslo in Norvegia. Già, perché tutte le tracce indicavano che quel relitto poteva essere una nave straniera e precisamente Norvegese. Il suo nome era "REGIN", lo confermava il progetto costruttivo inviatoci dalla Norvegia che copiava con esattezza lo scafo del relitto di Riva Ligure.

Dalla Norvegia giunsero anche copie dei verbali sull'affondamento della nave, che furono redatti dall'equipaggio, al loro ritorno in patria dopo la tragedia. Questi documenti insieme a quelli inviati dall'ufficio storico della Marina Militare Italiana a cui va un ringraziamento: (Dott.sa Ester Pennella, Amm. Div. Roberto Casaretti, C.V. Alessandro Valentini, Dott.sa Maristella La Rosa), hanno permesso di ricostruire la storia dell'affondamento del vapore Regin, inabissatosi il 20 dicembre 1917.

La storia:
Il 24 maggio 1915 l'Italia entra in guerra, la grande guerra iniziata il 28 luglio dell'anno prima, a questa guerra era contrario addirittura Mussolini che il 21 settembre del 1914 approva un manifesto contro la guerra. In quegli anni il generale in capo del nostro esercito era Cadorna e presidente del consiglio Calandra. E' anche l'anno della rivoluzione Messicana con Zapata e Pancho Villa, la nascita del reggiseno, della macchina fotografica a 35mm., nasce lo Junkers il primo aereo tutto in metallo. Nel 1916 i Tedeschi utilizzano il dirigibile per bombardare Parigi e Londra mentre A. Einstein presenta la teoria della relatività generale, a Grimstad presso Oslo (Norvegia), nei cantieri navali della città viene terminato il cargo a vapore "Regin" commissionato dalla Dampskibsrederi (Hj. Wesemberg) di Aalesund ad ovest della Norvegia. Immatricolato nel marzo del 1916 era lungo 80,79 mt. e largo 12,8 mt. con un pescaggio di 5,45 mt. e un peso di 1124 ton. Nelle sue stive potevano essere caricate 1640 ton. di materiali e merci.

Le sue tre caldaie, erano state costruite a Fredriksstad da una famosa ditta di motori navali a vapore, la Fredriksstad Mekanike Verksted. Aveva tre cilindri del diametro di 45,7 cm. ciascuno, capaci di erogare in totale ben 516 cavalli vapore che scaricavano la loro forza sull'unica elica a poppa. L'acqua dolce per il vapore riempiva due cisterne del diametro di 4 mt. e alte 3,2 mt. Due stive erano poste a prua e a poppa del ponte centrale di comando, che a differenza dello scafo era in legno. Qui si trovavano le cabine degli ufficiali e del comandante, la sala mensa e la cabina di comando con il timone. Le cuccette per i marinai erano invece a poppa. Le caldaie si trovavano anch'esse sotto il ponte centrale e l'albero dell'unica elica attraversava la nave verso l'elica, correndo in un tunnel sotto le stive di poppa e gli appartamenti dei marinai. Quattro alberi che sorreggevano i bracci delle gru erano posti alle estremità delle stive da prua a poppa, sotto ogni albero un argano a vapore. Un unico camino si ergeva dalla struttura centrale. Il timone dietro l'elica, era alto più di 5 metri.

Il 1917 vede quale inizio di un altro anno di guerra la rivolta dei domini Arabi con l'aiuto di un ufficiale dei servizi segreti Britannici: Lowrence Edward poi soprannominato Lowrence d'Arabia. La Germania alle strette dichiara una guerra sottomarina indiscriminata che scatena l'ira dell'America. In Russia la rivoluzione di febbraio si estende, lo Zar Nicola II abdica e suo fratello rifiuta il trono. Nasce un nuovo governo Russo. In Italia esordisce Totò nel varietà al teatro Iovinelli di Roma. Abdica anche re Costantino di Grecia e la nazione si affianca agli alleati in guerra, con lei anche la Cina. Intanto Germania e Austria stremate tentano la via della pace. In Italia nasce il governo Orlando che chiede subito la destituzione del Gen. Cadorna, lo sostituirà Diaz. Il 6 dicembre 1917 nel porto di Halifax (Canada) avviene una collisione tra una nave Belga, l'"Imo" e il cargo Francese "Mont Blanc", i morti saranno 1600, a Trieste il Com. Rizzo affonda col suo mas la corazzata Wien.

Il 17 novembre 1917 la Regin parte da Cardiff nel Galles (GB) con un carico di carbone da condurre a Catania. Il carbone è destinato alle ferrovie Italiane. La guerra marinara intensa ed indiscriminata che la Germania conduceva contro ogni nave in mare, costringe la Regin ad una sosta a Milford Haven nell'estremo Galles occidentale, riparata in un fiordo, ad attendere un convoglio scortato da navi armate, che la accompagni verso il mediterraneo. Il convoglio giunse il 21 novembre e la Regin vi si accoda. Il convoglio è però diretto a Gibilterra dove lascia la Regin il 30 novembre, la nave rimane in attesa di un altro convoglio diretto in Italia. Durante la sosta a Gibilterra la Regin riceve l'ordine di consegnare il carico a Livorno anziché a Catania. A quel tempo la Regin, come molte navi di allora non aveva radio a bordo. Finalmente il cargo riprende la navigazione il 3 dicembre 1917 unendosi ad un nuovo convoglio diretto a Genova. Sono passati già 16 giorni dalla partenza e ne passeranno ancora sei per giungere nel porto di Genova il 9 dicembre.

Riuscirà a ripartire l'11 diretta a Livorno dove giungerà il giorno dopo alle 02:00 del mattino.

Per scaricare tutto il carbone, serviranno ben due giorni, i camalli Livornesi non si davano sosta per svuotare la nave che ferma in un porto era sempre un bersaglio facile per il nemico che dal cielo ne faceva facile bersaglio.

Il 15 dicembre 1917 la Regin riparte da Livorno, vuota, o come dichiara il comandante, "in zavorra", scortata da un vapore Americano armato e un cacciatorpediniere Italiano per sostare ancora una volta a Genova.

Qui aspetta un convoglio che la accompagni verso casa. L'unico convoglio disponibile è diretto ad Almeria nella Spagna del sud. La Regin ne approfitta e si aggrega ad esso nella fatale data del 20 dicembre 1917.

Il vapore Regin lascia il porto di Genova andando ignaro incontro al suo destino.

Il Comandante Karl Larsen nato nel 1885 a Notodden (Norvegia) scrive: "Il vento e il tempo sono variabili ma non vi è mare". Quel giovedì 20 di dicembre la Regin era la quarta nave nel convoglio, doveva viaggiare con velocità di 6 nodi, (circa 11 Kmh) e mantenere una distanza dalla costa non superiore ad un miglio (1,5 Km), aveva il divieto di usare qualsiasi luce salvo un piccolo lume a poppa diretto all'indietro, ogni nave avrebbe seguito il lumicino che la precedeva formando cosi una fila molto lunga.

Ogni nave e cosi anche la Regin aveva fissato le proprie scialuppe sul ponte pronte per essere ammainate a mare in caso di attacco al convoglio.

Gli uomini della Regin avevano legato le loro due lance puntellandole perché stessero ferme, sul ponte a prua.

Alle 17:30 la Regin oltrepassa Capo Mele presso Imperia, nella plancia di comando il 2° Ten. Alfred Nilsen di Grimstad a sud della Norvegia, ha 27 anni, al comando ora è lui. Il comandante è nella sua cabina. A prua di guardia il marinaio Wilhelm Carlsson nato proprio il 20 dicembre 1891, il suo 26° compleanno gli avrebbe riservato una sgradita sorpresa di li a poco. Fissando la luce che lo precede e attento ad ogni segnale, ad ogni rumore che indichi la presenza del nemico Wilhelm pensa alla sua ragazza in Norvegia. Alle macchine l'aiuto fuochista Anton Christiansen, 30 anni, di guardia a poppa Gottfried Nilsson marinaio, anche lui attento in quella tranquilla sera di dicembre. Dalla nave gli uomini potevano vedere le luci dei paesi sulla costa, non conoscevano quella gente, ma un po' la invidiavano nella loro tranquillità, quei lumicini davano un senso di calore e la voglia di arrivare presto a casa. Improvvisamente, davanti a destra, un razzo viene sparato dalla nave che precede la Regin, Wilhlem a prua grida, il ten. Nilsen ruota il timone tutto a dritta (destra, verso terra), il comandante e il 1° meccanico si lanciano su per la scala che li porta sulla plancia di comando, ma quando la manovra è quasi riuscita la nave ha un sussulto, un'esplosione la sconquassa a poppa. Il ponte è lanciato verso l'alto, il marinaio di guardia scompare inghiottito dall'esplosione. L'elica si blocca e cosi anche le macchine, l'acqua irrompe nella stive vuote dall'enorme squarcio che si è prodotto, non trova ostacoli, entra con tutta la forza possibile. L'uomo alle macchine lascia il suo posto arrampicandosi verso l'uscita mentre l'acqua gli bagna già le gambe.

L'intera poppa sembra sollevata dall'acqua, l'esplosione del siluro ha letteralmente staccato la poppa lasciandola attaccata al resto della nave solo dal ponte superiore come da una cerniera, la poppa beccheggia su e giù sotto le raffiche del mare che si fa strada dallo squarcio. L'equipaggio capisce subito che la nave è spacciata. Gli uomini si radunano presso le lance già pronte e, in pochi secondi, sono tutti in salvo. Appena in tempo; la Regin affonda in un minuto e mezzo, di poppa, precipitando nel nero mare Ligure adagiandosi sul fondo fangoso in assetto di navigazione con la prua rivolta verso la Francia e la poppa affondata nella melma, quasi a nascondere quella ferita che ne ha dichiarato la fine.

L'equipaggio aspetterà ancora quasi un'ora sul posto sperando di ritrovare il marinaio scomparso, nessuna nave si ferma, questi sono gli ordini, ogni equipaggio deve provvedere a se stesso, deve allontanare la propria nave dal luogo di attacco.

Sanno che gli uomini sulle scialuppe non sono in pericolo, la terra dista poche centinaia di metri e presto saranno raccolti dalla popolazione.

Gli uomini della Regin stremati dirigono le lance verso le luci a terra, giungeranno ad Arma di Taggia dove il responsabile del porto Sig. Mucià, provvederà a loro.

Il giorno dopo saranno condotti a Genova da dove in seguito ripartiranno per tornare al loro paese.






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