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I relitti di Scapa Flow
di  Andrea Barbieri
“LAURA C”: il relitto di Saline
di  Francesco Turano
Il relitto regalato
di  Enrico Cappelletti
Il mistero della galera
di  Enrico Cappelletti
Cercare un relitto
di  Enrico Cappelletti
La fine del Breslau
di  Roberto Colella
Scapa Flow e il relitto della Royal Oak
di  Roberto Colella
Gli incrociatori perduti nella IIWW
di  Roberto Colella
Cacciatorpediniere e torpediniere della Marina militare italiana durante la seconda guerra mondiale (1a parte)
di  Roberto Colella
Donne e Relitti
di  Claudio Di Manao
Il Thistlegorm
di  Claudio Di Manao
Perché non vieni in Safari a Shaab Abu Nuas?
di  Claudio Di Manao
Una scoperta casuale
di  Giovanni Rossi Filangieri
Sinai & Diving Heritage Cultural Center
di  Claudio Di Manao
Confronto sulla questione Velella
La flotta fantasma dell'isola di Pag
Operazione Crossroads
di  Claudio Pistocchi e
Lorenzo Ercoli
Un uomo di mare
di  Massimo Vaccaro
Quintino Sella:
Un tuffo nella storia

di  Massimo Giacomazzo e
Alessandro Tagliapietra
Una spedizione Italiana sull'Andrea Doria
di  Giovanni Rossi Filangieri
Quando sarò grande andrò laggiù, e la mappa del mondo non era divisa in acqua e terraferma: i rilievi azzurri dei fondali marini erano pieni di altrettanti richiami. Identificavo i reefs, le lagune, le dorsali oceaniche. Non desiderai di diventare un subacqueo dopo un film di Bond, ma dopo aver letto un numero del National Geographic; non si parlava neanche del Thistlegorm, ma di Truk Lagoon. A quattordici anni i desideri sono così tirannici che ci sembra impossibile concepire il futuro senza ciò che si vuole. Non m’importava che fosse proprio Truk, volevo vedere relitti di guerra, mezzi dimenticati sott’acqua, dopo che le alcionarie li avevano ricoperti di ghirlande. Avevo visto "Il Mondo del Silenzio". L’Andrea Doria, allora una ferita ancora aperta, non era ancora alla portata, e neanche il Thistlegorm. Diventai istruttore quasi per caso, certe promesse prima o poi si mantengono. Il mio ufficio furono per quasi due anni il Cali e l’Oro Verde, poi vidi il Thistlegorm. Era stampato sulla maglietta d’un cliente, e le immagini azzurrine de "Il Mondo del Silenzio" mi ritornarono alla mente, con la stessa forza intatta in cui un giorno le avevo assorbite.

Capitai a Sharm el Sheikh, e anche quello avvenne per caso. Volevo far carriera come istruttore, e Sharm mi sembrava un posto... tutto sommato accettabile. Capitò che m’andò male che mi offrirono un posto di guida, e che nelle mansioni di una guida c’era il Thistlegorm. Quando fu il mio turno ebbi paura, come (credo) molti divemaster di Sharm. Non ce n’è uno che ti dica che il Thistlegorm è una passeggiata. Devi fare l’ormeggio, spesso in mezzo a correnti fortissime, spesso in condizioni di mare pessime, ancora più spesso tra decine di barche, con le eliche che ti urlano sulla testa. Poi devi guidare due immersioni e disfare le cime. Non chiedetemi perché è così, siamo in 500 a spremerci da 10 anni sul problema: è così. Quasi sempre non riesci a coordinare con l’equipaggio. Quasi sempre, tra legare, guidare e slegare, vai in decompressione, e questo è quello che non vuoi fare alla fine di una, due, anche tre settimane di fila di lavoro, pieno d’azoto come sei. Decomprimere sotto eliche ed onde non è entusiasmante. Certo che ce l’ho il pallone. Anche guanti e coltello. E non vado mai a slegare con meno di 150 bar. Ne ho salvate un paio, di guide...

Per anni quel relitto, per centinaia come me, è stato ed è un appuntamento settimanale, il suo fascino ormai relegato ad una cosa sola: farlo bene. Un giorno un commercial diver mi fa: “Tu sei pazzo.” C’era mare grosso, insomma, tornavamo indietro da una di quelle giornatine. “Tu sei pazzo perché sei contento.” Gli dissi di sì, che aveva ragione, ma che non ero l’unico da quelle parti. “Sei pazzo perché non ti pagano nemmeno la metà di quello che dovrebbero pagare me per una cosa del genere.” aggiunse. Gli dissi che le nostre tariffe erano diverse. “Sì, ma voi avete in più la responsabilità degli altri.” Gli risposi che la responsabilità degli altri era un pò l’essenza del nostro lavoro. “No, tu sei pazzo..." continuò “perché questo rischio ti piace.” Pensai che aveva di nuovo ragione, ma che comunque non potevo farci niente, quindi non risposi, lasciai che mi portasse un tè caldo... non avevo neanche la forza di togliermi la bombola. Ero contento, era vero.

Ho odiato solo una volta il Thistlegorm, ho sperato che lo chiudessero per sempre, come minacciano di fare da anni, come dovrebbe essere fatto perché sulla carta è vietato: il giorno in cui non l’ho trovato. Non c’era verso, c’era mare, la barca non manovrava bene, c’era una visibilità quasi nulla. Quel giorno giurai che non ci sarei mai più andato, insultai il relitto. Promesse ed insulti di marinaio, dopo un mese ero ancora lì, con la cima in mano a pinneggiare tutto contento di aver visto per primo la prua, e d’aver fatto il primo ormeggio della giornata.

Migliaia di visitatori, migliaia di cime che lo distruggono per l’imperizia dei divemasters, migliaia di mani che toccano, che spostano e che portano via. Ogni mese qualcosa si muove, o sparisce. Ma il Thistlegorm è ancora lì, con la prua superba che spacca la corrente, mentre grossi tonni e carangidi gli scintillano davanti. Le moto, le ali d’aereo, i sidecar e gli stivali ci sono ancora, non tutti, non tutti sani… ma ci sono. Così i pezzi d’artiglieria e le cassete da quattro, anche se si spostano ad ogni ancoraggio maldestro. C’è la luce irreale dentro le stive, c’è quell’aria di bazar fumoso e di labirinto, da ventre del Leviatano. E quando non c’è visibilità, mi piace veder apparire la sua prua di mastodonte nella nebbia verdognola. Non cosa dell’altro mondo, ma presenza di un passato che persiste, non ancora fagocitato dalla forza vitale dei coralli e delle correnti. Ho sognato tante volte il Thistlegorm, soprattutto nei sonni brevi che precedono l’alzataccia. L’ho sognato tutto nero, l’ho sognato crollare, l’ho sognato su d’un fondo di 18 metri, in acque calme e limpide, raggiungibile da riva. Ho sognato più volte che là sotto c’era un bar, forse pressurizzato, in una stiva sconosciuta, un pub umido e gocciolante, dove servono birra fresca. Lo sognai forse perché un giorno… Un giorno, dopo aver slegato le cime (eravamo tra le ultime due barche ad andar via) me ne stavo andando alla deriva in mezzo al mare in attesa che il mio skipper… si accorgesse di dov’ero e mi recuperasse. Si accorse di me un altro skipper, Claudio, dell’Elegante. John, il marinaio si affacciò strisciando sul bompresso e prese a ridere della mia situazione. “I bet you are desperate for a cigarette!” Dall’acqua gli urlai che era un genio. Me ne lanciò una accesa che presi al volo coi guanti da vetraio bagnati, senza romperla. Cominciai a fumare, intanto chiamavano la mia barca per radio. Galleggiavo nel nulla, ma almeno fumavo. “Now, I guess, you want a beer!” Dissi di sì anche a quella. “Imported or local?” gli dissi che una Heineken o una Beck’s andavano bene. Mi lanciò una Heineken. “Good luck man, have fun!” La mia barca si stava avvicinando, e l’Elegante mi lasciò al mio destino. I miei clienti, e lo skipper, mi trovarono con in mano una birra ed una sigaretta, in mezzo al mare. Cominciarono a far domande, erano tutti tedeschi. Mi scusai per la birra olandese, dissi che allo spaccio di sotto, sai com’è, non vendevano birre tedesche. Ecco com’è mai sogno che al Thistlegorm c’è un pub.

Un giorno salta tutto! Dobbiamo chiuderlo! gridano. Come se non fosse "chiuso". Nessuno si chiede mai perché sulle crew list, il documento che presentiamo alla polizia ogni volta che usciamo non c’è mai scritto THISTLEGORM, ma Shaab Ali? Forse hanno ragione loro, ma sarebbe già saltato ormai, non puoi fare a quel relitto peggio di quel che gli è già stato fatto. Lui se ne frega, è ancora lì, a sfidare il tempo, le sacche d’aria, la corrente ed i coralli che lo divorano, le cime ed i cavi d’acciaio che lo smembrano. Le sacche d’aria... sì, quelle mi fanno più paura dei pezzi d’artiglieria. La situazione peggiora anno dopo anno e lo vedi. E’ ancora lì, maestoso chissà per quanto ancora, come un museo di tutti. Ma pur sempre un’immersione per pochi. Vorrei tanto che clienti e diving centers, ogni tanto, se lo ricordassero. Vorrei che se lo ricordassero i tour operators, che vendono il pacchetto immersioni con incluso il Thistlegorm (e non solo il Thistlegorm) ad Open Water con le 4 (4 nel migliore dei casi) immersioni di brevetto. Vorrei che se lo ricordassero i divemasters, invece di pensare a tot commissione pro capite. Farebbero davvero tutti un favore all’umanità.